Editore: Solferino
Anno: 1994
Pagine: 192

Va’ dove ti porta il cuore

Tra la nostra anima e il nostro corpo ci sono tante piccole finestre e da lì, se sono aperte, passano le emozioni. Se sono socchiuse filtrano appena, solo l’amore le può spalancare tutte assieme e di colpo, come una raffica di vento.

Un incidente, un ricovero, una vita che all’improvviso si fa più breve: quanti giorni restano a Olga, sola in casa con il cane Buck e i ricordi? Abbastanza, pensa, per condensare quei ricordi in una lettera, da lasciare alla nipote impegnata in un viaggio americano. Queste pagine sono un diario, una confessione, un flusso di coscienza in cui Olga racconta, finalmente, una verità che ha al centro un’ammissione terribile: «Da quando sono nata ho detto una sola bugia. Con essa ho distrutto tre vite». Riga dopo riga si dipana la sua storia segnata da conflitti e disillusioni: genitori duri e distanti, il matrimonio con un uomo anaffettivo, la guerra, gli scontri con la figlia Ilaria e la tragedia della sua morte prematura. Ma anche le gioie e le passioni, un grande amore clandestino e il legame più forte di tutti, quello per la nipote, la bambina a cui ha fatto da madre e che adesso sta cercando di ritrovare, da lontano, nella giovane donna che si è allontanata da lei. «Sei felice? È questo più di ogni altra cosa che mi sta a cuore» le scrive Olga e in questa domanda accorata c’è il nucleo pulsante della maternità. Nel riversare sulla pagina eventi e sentimenti di tutta la sua esistenza, Olga supera le sue durezze e le sue fragilità, le ribellioni subite e le menzogne raccontate per proteggere chi amava, e passa il testimone di una vita: una grande, catartica verità, un addio e una rosa. Mostrando come la potenza delle parole e dei gesti più semplici possa interrompere le catene con cui il destino ci imprigiona attraverso le generazioni, e renderci liberi.

«Mi sono messo ad ascoltare questa voce distesa e atroce, questa scrittura onesta e pulita: questa capacità di incarnare la sofferenza dei deboli e degli indifesi, di raccontare personaggi terrificanti con umiltà, senza effetti.»
Federico Fellini su Susanna Tamaro

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